Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali, che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole di infanzia paritarie a gestione privata, ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
A) utilizzarle per le scuole comunali e statali
B) utilizzarle per le scuole paritarie private
Tale referendum è stato promosso da un comitato denominato «Articolo 33», composto da 15 associazioni e circoli cittadini, che prende il suo nome dall’omologo articolo della nostra Costituzione che recita:« Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».
A Bologna sono trentasei i milioni di euro che il comune paga annualmente per la scuola pubblica, mentre è di circa un milione di euro il contributo destinato alla scuola paritaria privata che dal 1994 riceve questi fondi tramite una convenzione. Ma indipendentemente dalla cifra si tratta comunque di finanziamenti pubblici che finiscono nelle mani di scuole paritarie, nella maggior parte dei casi amministrate da religiosi, a Bologna ben 26 su 27 scuole private sono d’ispirazione religiosa.
L’iniziativa referendaria ha ricevuto l’appoggio di Sinistra Ecologia e Libertà, M5S e di esponenti del mondo della cultura e dell’impegno come Stefano Rodotà, Gino Strada, Maurizio Landini e Andrea Camilleri. Francesco Guccini ha scritto, in occasione della chiusura della campagna referendaria: «(…) La scuola – e la scuola dell’infanzia, pubblica laica e plurale - come uno dei luoghi fondamentali dove l’uomo prende forma e inizia il suo viaggio. Entrare alla scuola pubblica, ove si opera senza discriminazioni e senza indirizzi confessionali, è il primo passo di ogni individuo che voglia imparare l’alterità e la condivisione; è il primo passo di ogni essere umano per diventare uomo, per diventare donna».
Dall’altra parte ci sono le lobby, i poteri forti e mi sento di dire, la cultura della violazione dei principi costituzionali, il fronte del mantenimento della convenzione: alti prelati come Bagnasco, politici di destra come Sacconi, l’ex ministro Anna Maria Bernini, tutta la giunta del Comune di Bologna capeggiata dal sindaco Virginio Merola, con in testa l’assessore coordinatore di Giunta Matteo Lepore, già dirigente delle cooperative “rosse”, e Romano Prodi, con un intero partito il Pd, che paga le proprie contraddizioni interne e una deroga ormai decennale al principio della laicità e del senza oneri per lo Stato.
Il tema in discussione comunque riveste un’ importanza che va ben al di la della questione locale e del diritto all’istruzione, che deve essere comunque garantito a tutti, sono in gioco infatti i principi costituzionali sul diritto di accesso ai servizi fondamentali da parte di tutta la cittadinanza. Senza privilegi di sorta.
Il diritto all’istruzione e quello alla salute sono, tra i diritti fondamentali sanciti dagli articoli 33 e 32 della Costituzione italiana, unitamente al diritto al lavoro, quelli più sotto attacco. I soldi pubblici, quelli a cui tutti contribuiamo con le nostre tasse, vengono abilmente trasferiti a strutture private, generalmente in mano a grandi gruppi economici e a potenti istituti religiosi che sfruttano l’occasione che gli viene data dallo Stato per arricchirsi e formare, forse sarebbe meglio dire plasmare, i cittadini del futuro.
Si obietterà che la sanità e la scuola pubblica hanno un costo elevato, quasi insopportabile per il nostro paese e che il privato consente uno sgravio dai costi della comunità. Ma io mi chiedo, se fosse proprio così come ci viene venduta, i magnati della sanità e gli istituti religiosi, aprono ospedali, laboratori, cliniche, scuole e università per filantropia? Per aiutare il povero Stato Italiano che non ce la fa?
Come mai fanno a gara per aggiudicarsi gli appalti in questi settori, investendo milioni, e non tutti propriamente in trasparenza? Le scuole private dovrebbero garantire, a chi se lo può permettere un’istruzione che, come recita la Costituzione, «… ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali» ed invece molto spesso sono dei diplomifici nei quali le famiglie «investono» migliaia di euro per assicurare a giovani svogliati un pezzo di carta che gli consenta di presentarsi con un titolo nell’azienda di famiglia. Le cliniche private, che ricevono sovvenzioni milionarie dalle Regioni, utilizzano i fondi per garantire soggiorni piacevoli ad amministratori compiacenti o per trasferimenti all’estero di denaro che avrebbe potuto e dovuto essere utilizzato diversamente, a volte lasciando buchi di bilancio considerevoli, come nel caso San Raffaele e Maugeri, lasciando poi allo Stato il compito di garantire quei poveretti che si sono visti licenziare da un giorno con l’altro senza alcuna responsabilità.
Sanità e Scuola privata prendono sovvenzioni dallo Stato, i soldi dei cittadini e li utilizzano per fare profitto, a danno delle strutture pubbliche che oramai il nostro Stato in mano a collusi, impresentabili e soggetto a conflitti d’interessi colossali non può più garantire. Per questo il referendum di Bologna riveste una grande importanza; non sono in gioco solo le rette per i 1700 bambini coinvolti, ma un più generale confronto per riportare secondo i dettami costituzionali i diritti dell’individuo in materia di Istruzione e Salute.
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