Non cercare di diventare una persona di successo, ma piuttosto una persona di valore (Albert Einstein)
Basso profilo per l’ottavo discorso di Napolitano
Chi si aspettava un discorso che toccasse i principali
problemi dell’Italia e che desse agli Italiani un minimo di speranza per un
prossimo futuro un po’ meno difficile è stato deluso. Giorgio Napolitano nel
suo ottavo discorso, il primo dopo la inusuale rielezione, ha elencato una
serie di tematiche che gli sono state sollecitate dagli italiani che in questi
mesi «hanno inoltrato al Quirinale migliaia di lettere al Capo dello Stato». Si
parte da chi ha perso il lavoro ma che non ha più l’età per ritrovarlo, a chi
vive da precario rischiando di restarlo per tutta la vita, sino ad arrivare al
tema degli esodati «che chiedono di non essere dimenticati». Nient’altro, non
un accenno al numero dei poveri che continuano ad aumentare, non una parola su
coloro che si tolgono la vita perché hanno perso il lavoro e con esso la
propria dignità, nessuna segnalazione di un Italia che si impoverisce, mentre c’è
un’altra Italia che si arricchisce sulle spalle di questa gente che soffre.
Dichiara un successo l’azione di Governo che ha permesso all’Italia di non
cadere più in basso, sostiene l’importanza delle riforme che devono essere
fatte e di quelle avviate come la riduzione del Finanziamento pubblico ai
partiti e la eliminazione delle provincie.
Insomma il Presidente incensa il suo operato, quello dei
suoi uomini e del suo governo, richiama per una frazione di secondo la
situazione terribile della «terra dei fuochi» , senza accenni alle tante morti
per tumore avvenute in quei territori ma si spertica a elogiare i militari
nelle missioni all’estero e ricorda che i due marò detenuti in India, di cui fa
nome e cognome, non saranno dimenticati.
Non una parola contro la corruzione diffusa a tutti i
livelli, solo un accenno alla lotta alla criminalità organizzata ma niente contro
l’evasione fiscale e solo un laconico e mesto «resterò al mio posto sino a
quando le riforme saranno attuate e sino a quando le forze me lo consentiranno».
Ma a fare che?
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